“Sì al dialogo coi vignaioli, iscritti o meno alla Fivi, nonché con le piccole realtà del vino italiano. Ma il rapporto deve essere continuativo: non possiamo essere usati solo in questo momento di difficoltà per Covid-19. I produttori devono metterci la faccia, affidandoci le stesse etichette dell’Horeca, dimostrando così di credere nel processo di qualificazione dello scaffale del vino della Grande distribuzione organizzata, ormai in corso da diversi anni”. Parole e musica di Francesco Scarcelli, buyer Wines, Beers and Spirits di Coop Italia.
Solo l’ultimo dei sì al “Patto sul vino di qualità” tra Gdo e Horeca, con la supervisione dal Mipaaf e della ministra Teresa Bellanova. Una proposta avanzata da WineMag.it per arginare le conseguenze devastanti di Coronavirus sulle produzioni dei vignaioli. E utile, più in generale, a riequilibrare i rapporti tra i due segmenti di vendita del vino, oltre a ridurre il contraccolpo dell’instabilità politica internazionale (vedi dazi Usa, Brexit e Russia).
Chiariamoci – commenta Scarcelli a WineMag.it – non è che fino ad oggi Coop Italia sia stata a guardare. Negli ultimi anni abbiamo referenziato sempre più vini di altissima qualità, come dimostra l’assortimento dei nostri 1.200 punti vendita dislocati in 88 province. Negli ipermercati arriviamo ad avere 800 referenze a scaffale”.
Possibile fare ulteriore spazio? “L’operazione non è semplice – risponde il buyer Scarcelli – ma da parte nostra c’è tutta la disponibilità di sedersi a un tavolo coi vignaioli, per capire come potrebbe essere gestita la ‘nuova enoteca‘ post Covid-19. Si dovrà razionalizzare e investire, ma deve esserci disponibilità anche dall’altra parte”.
“I clienti dei ristoranti – commenta Scarcelli – sono abituati a cercare le etichette scoperte per consumarle anche a casa, ma in Gdo numerose cantine offrono linee alternative. Crediamo sia arrivato il momento di fare un passo avanti, per i consumatori, fornendo alla Grande distribuzione le stesse etichette, senza timore di offendere l’Horeca”.
I numeri del vino di Coop sono quelli di una cantina gigante. Nel 2019 ha venuto 40 milioni di bottiglie a Denominazione e 15 milioni di bottiglie di spumanti. Sono 40 i milioni di litri di vino generico da tavola finiti nel carrello della spesa dei clienti della Cooperativa, principalmente nei formati bag in box, brik e dame.
Il 50% del vino venduto è sottoposto a promozione, a differenza dei vini di alta gamma che – a parte rarissimi casi – non viene neppure sfiorato dalla leva promozionale. Forte di questi numeri, Scarcelli va ben oltre al sì al “Patto sul vino di qualità”, avanzando una proposta che potrebbe risultare vincente.
“Una buona idea per venire incontro sia ai vignaioli sia alla Gdo, che necessita di dare continuità al proprio assortimento, potrebbe essere quella di operare con ordini in assegnazione dalla sede centrale ai punti vendita, sulla base delle stime di rotazione delle singole etichette di nicchia, regione per regione e provincia per provincia”.
La disponibilità di Scarcelli è massima, nell’ottica di coordinamento dell’operazione dalla sede centrale di Coop Italia. “Siamo convinti di essere già sulla strada giusta, anche grazie all’inserimento di personale qualificato nei giorni di maggiore affluenza – chiosa il buyer Coop – ma sappiamo che si può sempre migliorare, se ognuno fa la sua parte”.A fare la loro “parte”, dall’altro lato dello scontrino, sono vignaioli Fivi come Enrico Drei Donà e Giorgio Perego: tutto tranne che figli di un tappo minore. Si tratta infatti di due produttori che, ai tempi di Covid-19, festeggiano le Nozze di Porcellana – quelle dei vent’anni – col mondo dei supermercati. Donà opera con Conad, a livello locale. Perego con Esselunga, con contratto nazionale.
Una scelta che i due esponenti della Federazione italiana vignaioli indipendenti, iscritti rispettivamente alle delegazioni Emilia Romagna e Oltrepò pavese, esibiscono senza vergogna. Auspicando l’apertura di un dialogo articolato di Fivi con la Gdo, sul modello di successo dei Vignerons Indépendant francesi.
C’è di più: Perego fa addirittura parte di VinNatur, l’associazione che raggruppa diversi produttori di cosiddetto “vino naturale”. Nulla di più lontano dalle logiche della Gdo. La Croatina “Myrtò” di Perego (senza solfiti aggiunti e certificata vegan) e il Sangiovese “Notturno” di Drei Donà, sono un esempio di come la grande distribuzione non sia solo fatta di grandi numeri e vino venduto in sottocosto.
“Nei confronti della Gdo – commenta Enrico Drei Donà – c’è una vera e propria mistificazione. La grande distribuzione è un canale di vendita come un altro, che negli ultimi anni registra una sensibilità crescente nei confronti delle produzioni di nicchia”.
Quella di Drei Donà è una delle aziende più strutturate di Fivi, con una capacità produttiva che si assesta attorno alle 140 mila bottiglie annuali, di cui circa 12 mila finiscono in Gdo, spalmate su tre etichette.
“Ho sempre considerato tutti i clienti alla pari – sottolinea Drei Donà – compresa la Gdo. Purtroppo nell’ambiente c’è un po’ di snobismo. La stessa Fivi potrebbe trovare nella fascia prezzo che parte dai 9 euro, dove si colloca il Sangiovese ‘ Notturno’, ampi margini per un rapporto ottimale con la grande distribuzione, che al contempo non danneggi l’Horeca.
Più risicati i numeri di Giorgio Perego (nella foto, sopra). Quarantacinquemila bottiglie complessive per la sua cantina di Rovescala (PV), di cui 20 mila con la sola referenza realizzata in esclusiva per Esselunga. “Il rapporto con l’insegna – spiega Perego – è basato su un grande rispetto reciproco, su tutti i fronti. I pagamenti, a differenza di quanto avviene con alcuni ristoranti anche per cifre irrisorie, sono sempre puntuali, a 60 giorni dalla fattura“.
“In questo periodo di lockdown – continua il vignaiolo dell’Oltrepò pavese – la Gdo sta dando una grande mano a chi ha creduto in questo canale. Io produco vini senza solfiti aggiunti e vendo molto ai privati. Sono dunque un vignaiolo tendenzialmente lontano dalle logiche dei grandi volumi, eppure non capisco come si possa ancora, nel 2020, bistrattare la Grande distribuzione“.
Vorrei anche io un maggiore servizio nei punti vendita ma non solo per le mie etichette. Credo che la presenza di un esperto nella corsia vini dei supermercati sia una conquista culturale”.
“Un elemento che vada a sostegno della cultura del vino, in cui investono sempre più persone in Italia, sempre più capaci di distinguere tra le etichette di marketing e le etichette buone e basta, che non facciano venire il mal di testa il giorno dopo e rispettino l’ambiente e la filiera produttiva. Non smetterò mai di dire che la Gdo è un’opportunità. Anche per i vignaioli veri”.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.